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La sindrome dell’intestino irritabile (IBS): cause e terapie


Condizione debilitante e piuttosto comune, la sindrome dell’intestino irritabile si caratterizza per dolori addominali, gonfiore e alterazione della funzione intestinale.

Sindrome dell’intestino irritabile, cos’è?

Si parla di sindrome dell’intestino irritabile, chiamata anche del colon irritabile o colite spastica, con acronimo IBS (irritable bowel syndrome) quando il soggetto presenta una concomitanza di disturbi intestinali che interessano il colon, ovvero il tratto ultimo dell’intestino crasso. Si tratta di una sindrome che tende ad essere cronica.

Ad esserne interessato è il 10% della popolazione, con una prevalenza delle donne in una età che oscilla tra i 20 anni e i 50 anni. Si tratta di una sindrome nettamente diversa rispetto ad altre patologie infiammatorie che possono interessare l’intestino, com’è il caso del morbo di Crohn, poiché l’intestino non risulta avere nessuna anomalia.

Quando interessano la popolazione femminile, i sintomi sembrano avere una frequenza maggiore durante le mestruazioni e, in alcuni casi, durante la gravidanza.

Quali sintomi determina questa sindrome?

I sintomi determinati dalla sindrome del colon irritabile sono diversi, e tra i più ricorrenti possono essere indicati:

La sintomatologia ha un andamento a fasi alterne: i disturbi tendono a migliorare in alcuni periodi per poi riacutizzarsi. Allo stesso tempo i disturbi possono presentarsi quando il soggetto ha consumato dei pasti eccessivamente grassi o speziati, oppure ha assunto bevande che contengono alcol o caffeina, sostanze che possono favorire una manifestazione più importante dei sintomi.

Possono manifestarsi tuttavia ulteriori disturbi:

  • nausea e mancanza di energia
  • flatulenza, incontinenza fecale e comparsa di muco nelle feci
  • problemi nell’urinare, che si esplicano attraverso uno stimolo frequente e la sensazione che la vescica non sia completamente vuota.

Come capire se si ha la sindrome del colon irritabile?

La diagnosi di sindrome del colon irritabile segue i cosiddetti criteri di Roma, criteri diagnostici internazionali, e prevede che il soggetto, per tre giorni al mese e per sei mesi, presenti dolore addominale o fastidio addominale in associazione con questi sintomi:

  • un miglioramento del dolore in seguito alla defecazione
  • un cambiamento nella frequenza delle scariche
  • aspetto delle feci modificato.

Possono verificarsi ulteriori sintomi associati: un peggioramento sintomatologico in seguito ai pasti, la sensazione di una evacuazione non completa, la fuoriuscita di muco dal retto, una distensione addominale pronunciata e visibile.

La diagnosi di IBS si perfeziona attraverso una indagine più approfondita che escluda altre cause che possono avere determinato i sintomi:

  • chiedendo se una dieta specifica, o l’esclusione di gruppi alimentari, siano state svolte dal paziente per un dato arco di tempo
  • svolgendo esami su un campione di feci, al fine di escludere eventuali infezioni
  • svolgendo esami del sangue per intercettare una eventuale anemia e per escludere eventualmente la celiachia
  • effettuando una colonscopia.

Colonscopia da svolgere solo nel sospetto che i sintomi derivino da cancro, morbo di Crohn o colite.

È anche possibile che, nell’ambito dell’esame obiettivo, emergano sintomi che non sono riconducibili a questa sindrome, sintomi quali:

  • perdita di peso
  • sanguinamento dal retto
  • masse addominali
  • markers infiammatori.

Sintomi ai quali va affiancata la possibilità di un loro esordio dopo i 50 anni.

Quanto tempo dura?

I sintomi della IBS hanno un andamento che alterna fasi meno sintomatiche a fasi di riacutizzazione.

I disturbi, che tendono comunque a mantenere un andamento altalenante, possono avere una durata di pochi giorni, alcune settimane e a volte anche mesi, data la natura cronica di questa sindrome.

Come si cura la sindrome del colon irritabile?

Sindrome dalle cause sconosciute, la IBS prevede un trattamento terapeutico basato sul tipo e sulla importanza dei sintomi.

Dal momento che i sintomi possono aumentare in seguito all’assunzione di specifici alimenti, si sconsiglia di assumere fibre insolubili, per esempio la crusca, che possono acuire il dolore. Anche il lattosio, il fruttosio e il glutine potrebbero essere sensibilmente ridotti. Va specificato come attualmente non ci siano guide ufficiali.

L’approccio farmacologico, sotto stretta indicazione medica, può prevedere l’assunzione di:

  • farmaci antispastici
  • farmaci antidiarroici
  • lassativi
  • probiotici, per un sano equilibrio della flora batterica intestinale.

Si tratta di farmaci che mirano all’attenuamento dei sintomi, e non agiscono sulla causa della sindrome. Qualora l’approccio farmacologico risulti inefficace dopo 12 mesi, viene consigliato un approccio psicologico.

Cosa mangiare in caso di intestino irritabile?

Alcuni cambiamenti nella propria dieta fanno sì che i sintomi siano alleviati. Tra i cambiamenti che possono determinare una attenuazione sintomatologica si indicano:

  • riduzione di bevande con caffeina, sostanza che stimola l’intestino
  • assunzione di cibo attraverso pasti più piccoli
  • evitare cibi piccanti e cibi fritti.

Per diversi soggetti, quindi, spezie oppure erbe quali lo zenzero, la menta piperita e la camomilla possono contribuire ad alleviare in parte i sintomi della sindrome. Lo stile di vita può essere un valido alleato: l’attività fisica costante aiuta la riduzione dello stress, uno dei possibili fattori scatenanti l’IBS.

Esistono associazioni con altre patologie?

L’IBS è presente anche in altre patologie che comportano dolore cronico, come il dolore pelvico cronico o la fibromialgia. Inoltre, in due casi su tre di sindrome dell’intestino irritabile i soggetti presentano condizioni psichiatriche quali:

La correlazione tra sindrome del colon irritabile e alcune patologie di tipo psicologico, che può determinare una diminuzione della qualità della vita e situazioni complesse tanto a lavoro quanto nella socialità, deriva dal fatto che in parte il colon è controllato dal sistema nervoso centrale, e in parte dal sistema nervoso enterico.

Anche il sistema immunitario può svolgere un ruolo di rilievo nella sindrome dell’intestino irritabile. Chi soffre di questa sindrome, in sovrapposizione ad altre condizioni quali la sindrome da stanchezza cronica o la fibromialgia, come si accenava, può subire ripercussioni sul sistema di gestione dello stress.

L’asse HPA (ipotalamo-ipofisi-surrene) e il sistema nervoso simpatico funzionano in modo anomalo in chi soffre di sindrome dell’intestino irritabile. Chi ha sofferto di gastroenterite, in presenza di ansia o malattia psichiatrica, ha una maggiore possibilità di sviluppare proprio la sindrome dell’intestino irritabile.