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La disfagia: tipi, sintomi e interventi


La disfagia è un impedimento o una alterazione nella meccanica della deglutizione. Può essere determinata da patologie o alterazioni di tipo strutturale.

Che cos’è la disfagia?

Il termine disfagia indica la difficoltà nella deglutizione di cibi liquidi, semiliquidi o solidi. Si tratta di un problema che spesso accade in concomitanza con una disfunzione a carico dell’apparato digerente e per via di un transito del bolo, lungo le vie digestive superiori, non corretto.

A seconda della sede coinvolta, la disfagia può essere classificata come:

  • Disfagia orale: difficoltà nella preparazione e propulsione del bolo (il cibo masticato e imbevuto di saliva)
  • Disfagia orofaringea: difficoltà nel passaggio del bolo attraverso la faringe, fase più delicata che comporta maggiori rischi di aspirazione del cibo a livello tracheo-bronchiale
  • Disfagia esofagea: difficoltà nel passaggio del cibo lungo l'esofago

Che sintomi porta la disfagia?

Il sintomo caratteristico della disfagia è la sensazione di non riuscire a deglutire o di avere del cibo bloccato in gola. La difficoltà nella deglutizione può insorgere prima con i cibi solidi e poi estendersi a quelli liquidi (si parla in questo caso di disfagia ortodossa) o, al contrario, può iniziare con gli alimenti liquidi e poi includere anche quelli solidi (disfagia paradossa).

Altre manifestazioni che possono presentarsi sono:

A cosa è dovuta la disfagia?

Numerose sono le cause che possono provocare la disfagia:

Quanto è diffusa?

Come si è detto precedentemente, la disfagia colpisce specialmente la popolazione anziana. In particolare si stima che interessi:

  • il 40% degli adulti oltre i 65 anni
  • il 30% dei pazienti con ictus
  • il 52-82% dei pazienti affetti da Parkinson
  • l’84% dei pazienti affetti da Alzheimer
  • il 60% degli anziani istituzionalizzati

Anamnesi ed esame obiettivo

L’anamnesi tiene conto sia della durata dei sintomi sia dall’acutezza con cui i sintomi si sono inizialmente manifestati.

Il paziente, da parte sua, dovrebbe indicare quali alimenti determinano i sintomi e dove si manifestano i sintomi stessi, prestando particolare attenzione nello specificare se accanto alla difficoltà nella deglutizione si abbia fuoriuscita di cibo dal naso o dalla bocca, e se sia presente o meno della bava.

Va inoltre riferita l’eventualità che si verifichi tosse, soffocamento oppure ostruzione da cibo mentre avviene l’ingestione.

L’esame obiettivo si svolge indagando sintomi che potrebbero essere riferibili a patologie:

  • neuromuscolari
  • gastrointestinali
  • a carico del tessuto connettivo.

Quali esami fare per la disfagia?

I pazienti con disfagia devono essere valutati da uno specialista otorinolaringoiatra o foniatra e sottoposti ad uno studio della deglutizione tramite fibroscopia flessibile, la cosiddetta FEES (fiberoptic endoscopic evaluation of swallowing).

La FEES si compone di cinque fasi:

  • osservazione delle strutture anatomiche coinvolte nelle fasi orali e faringee della deglutizione
  • osservazione della motilità e della sensibilità delle strutture faringo-laringee
  • osservazione delle secrezioni e della loro gestione
  • valutazione diretta della deglutizione di alimenti di diversa consistenza (liquidi, semiliquidi, semisolidi, solidi e misti) e individuazione di segni diretti di penetrazione e/o aspirazione di tracce di bolo nelle vie aeree
  • osservazione degli effetti di manovre terapeutiche per migliorare la deglutizione

Lo scopo della FEES è la valutazione funzionale complessiva della deglutizione, in modo da poter fornire raccomandazioni sull'adeguatezza della deglutizione, sulla possibilità di una nutrizione orale e sull'impiego di appropriati interventi per facilitare una deglutizione sicura ed efficiente.

Sarà poi lo specialista ad indirizzare il paziente ad eseguire esami strumentali di secondo livello quali:

  • studio videofluoroscopico della deglutizione
  • gastroscopia (EGDS)
  • manometria esofagea
  • elettromiografia della deglutizione.

Chi è lo specialista che cura la disfagia?

La cura della disfagia segue generalmente un approccio multidisciplinare, che vede l’intervento di specialisti in otorinolaringoiatria, foniatria, logopedia, nutrizione e gastroenterologia.

Come si guarisce la disfagia?

Il trattamento della disfagia è correlato alla causa che la provoca. Può variare a seconda che si abbia a che fare con una disfagia strutturale, una disfagia neurologica, una disfagia di origine ansiosa e così via.

Individuare il problema deglutologico è importante per prevenire le possibili complicanze.

Il paziente potrà essere istruito sul tipo di dieta da assumere e/o su quali alimenti evitare; oppure dovrà avvalersi di una alimentazione “alternativa” (sondino naso-gastrico o PEG) per periodi più o meno lunghi. In alcuni casi, si può trovare giovamento aumentando la frequenza dei pasti, limitando la quantità di cibo ingerito e tagliando i cibi solidi in piccoli pezzi. Può essere utile preferire cibi più semplici da deglutire ed evitare alcol, caffeina e tabacco, che contribuiscono ad acuire il reflusso gastroesofageo correlato alla disfagia.

Nel percorso di cura potrebbero essere indicati esercizi di rieducazione logopedica al fine di rinforzare la muscolatura linguale e/o orofaringea e imparare a eseguire correttamente i movimenti della deglutizione.

Cosa può mangiare chi soffre di disfagia?

Chi è affetto da disfagia dovrebbe consumare cibi dalla consistenza morbida, cremosa e omogenea, più facili da ingerire con l’aiuto di un cucchiaino. Pertanto, per agevolare la deglutizione, è consigliabile:

  • preferire alla pasta, al pane e al riso il semolino o le patate lesse
  • servire carne tritata, formaggi in crema, uova o pesce morbido
  • mangiare frutta in mousse o frullata 
  • consumare latte o yogurt addensato
  • prediligere dolci come gelati, budini o sorbetti

Piccoli accorgimenti possono aiutare a rendere i bocconi più semplici da deglutire, come per esempio quello di aggiungere ai cibi piccole quantità di panna, maionese o besciamella.

Cosa non mangiare con la disfagia?

Andrebbero, al contrario, evitati:

  • minestre con pezzi solidi di verdure, riso, yogurt con pezzi di frutta
  • alimenti che tendono a sbriciolarsi (come biscotti, fette biscottate, crackers)
  • cibi appiccicosi o gommosi, che si attaccano al palato (come gli gnocchi)
  • alimenti dalla consistenza disomogenea (in parte solida, in parte liquida) come latte e cereali o pastina in brodo
  • polveri (per esempio il cacao o la cannella).

In che modo posizionare chi soffre di disfagia per l’alimentazione

La persona disfagica va posizionata seduta sul letto, o mobilizzata su una sedia almeno 20 minuti prima che avvenga il pasto. Una volta seduta, bisogna assicurarsi che la posizione sia eretta, che i piedi siano ben appoggiati a terra, il mento punti in direzione del torace e la testa e il tronco abbiano gli opportuni sostegni, se necessario.

Nel caso in cui la persona sia allettata, si specifica, va posizionata comunque seduta, assicurandosi che la testa sia appoggiata e il collo risulti flesso. Se la testa non ha stabilità, va sostenuta con la mano posata sulla fronte.

Come occuparsi dell’alimentazione di un disfagico

La persona che si occupa dell’alimentazione del paziente ha bisogno di essere seduta alla sua stessa altezza e deve fare in modo che durante il pasto il disfagico non parli e abbia a sua disposizione tutto il tempo necessario per alimentarsi correttamente.

Sono poi necessarie diverse altre accortezze:

  • dare bocconi dalle dimensioni opportune, e mai troppo grandi
  • chiedere di deglutire, tra una somministrazione del boccone e la successiva, nei casi di ipersalivazione
  • facilitare la tosse, una volta che si è deglutito
  • non utilizzare né cannucce né siringhe, se diventano causa di difficoltà nel controllare il transito dei liquidi.

Nel caso la persona avesse particolare fatica durante l’alimentazione, i pasti dovrebbero essere suddivisi in sei somministrazioni durante il giorno. Fondamentale che la persona non sia mai lasciata sola durante il pasto, o mentre beve.

Cosa fare dopo i pasti

L’igiene orale deve sempre essere eseguita durante i pasti, per assicurarsi che non sia presente alcun residuo di cibo. A fine pasto è importante che la posizione seduta sia mantenuta fino a circa un’ora. È bene, infine, assicurarsi che non ci siano rumori respiratori.

Quali possono essere le conseguenze?

La disfagia orofaringea può causare l’aspirazione di cibo ingerito o secrezioni (saliva, catarro) all’interno della trachea, che può dar luogo a complicanze respiratorie, quali ad esempio la polmonite ab ingestis (causata dall'ingresso di sostanze estranee nell'albero broncopolmonare). Il disturbo della deglutizione spesso comporta una nutrizione insufficiente con conseguente calo di peso.

La disfagia esofagea, oltre all’aspirazione di materiale ingerito nella trachea e malnutrizione, nei casi più gravi, può determinare anche occlusione da cibo, con il rischio di perforazione esofagea.

Le conseguenze della disfagia possono dunque comprendere:

Quando preoccuparsi

Qualora si riscontrino problemi di deglutizione, si raccomanda sempre di rivolgersi al proprio medico. Vanno considerati segnali di allarme i casi in cui la difficoltà a deglutire si associa a:

  • sintomi di ostruzione completa, come scialorrea (salivazione eccessiva) o incapacità assoluta di deglutire
  • perdita di peso
  • deficit neurologici focali
  • polmonite da aspirazione ricorrente.