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Malattie delle ossa: una panoramica

A cura di
Paolo Carlo
Prina

Le malattie delle ossa, o per meglio dire le patologie dell’apparato muscoloscheletrico: quali sono le principali? E quali sintomi determinano?

Come si definiscono le malattie delle ossa?

Innanzitutto è più corretto parlare di patologie dell’apparato muscoloscheletrico. Allo stesso tempo, un elenco delle principali patologie rischia di non essere utile.

Si possono definire patologie delle ossa tutte quelle forme che colpiscono il tessuto osseo. Un tessuto notoriamente duro, resistente, proprio perché le cellule che lo compongono e il tessuto circostante che viene prodotto, hanno la possibilità di calcificarsi e quindi rendere lo scheletro la struttura portante del nostro corpo.

Ogni qualvolta si possa avere una variazione in cui questa struttura, apparentemente solida, vada incontro a un depauperamento della sua calcificazione o, viceversa, ad un indurimento e apposizione eccessiva di calcio, si ha una forma patologica.

Quali sono le malattie delle ossa?

Esistono delle patologie prettamente ossee, patologie che colpiscono l’osso, come:

  • l’osteoporosi, chiamata alle volte anche osteopenia e cioè perdita di calcio dalle ossa
  • il morbo di Paget, dove invece sia può avere sia una parte osteorarefatta e quindi fragile e altre osteocondensate e quindi molto dure, in questo caso l’indice laboratoristico utile può essere la fosfatasi alcalica. Ma attenzione, perché non varia solo per questa malattia
  • le osteocondrodisplasie sono invece delle patologie congenite date da alterazioni genetiche
  • le forme sindromiche, in cui l’apparto muscoloscheletrico viene coinvolto nella sindrome ma non è in alcun modo l’unica manifestazione di malattia.

Esistono quindi malattie delle ossa, così come piuttosto patologie articolari o muscolotendinee, che sono in stretto rapporto con l’osso e ne danno un diretto coinvolgimento.

Equilibrio osseo

Il pensiero comune può portare a dire che un osso più è calcificato più è resistente, ma non è affatto così. L’esempio che si fa è quello del ramo di legno: un ramo resistente ma elastico può essere più incline alle sollecitazioni in flessione e in torsione e sicuramente meglio di un ramo eccessivamente rigido, che alla minima flessione si rompe.

L’equilibrio quindi tra componente tissutale fibrosa dell’osso e calcificazione della stessa deve essere assolutamente mantenuto, proprio per rendere l’osso sufficientemente solido ma nello stesso tempo elastico.

Patologie deformanti delle ossa

Ci sono poi patologie deformanti, ed in questo caso possono venire immediatamente in mente patologie come l’artrosi deformante, che in effetti esiste ed è corretta come definizione perché essendo una patologia articolare, comporta una reazione dell’osso circostante che ingrossa la parte rendendola appunto deformata.

Esempio su tutti sono i Noduli di Heberden che colpiscono le articolazioni delle dita della mano, le più vicine alla parte ungueale, e le trasformano in grossolane tumefazioni locali, dolenti e con deviazioni angolari. Tant’è che i pazienti le mostrano come certificazione del fatto che hanno una certa patologia. 

Stesso fenomeno si può evidenziare anche alle ginocchia, che con il passare del tempo cambiano forma, diventano più grosse, più rigide e naturalmente più dolenti. Tutte le articolazioni che hanno una forma costruttiva particolare possono andare incontro a fenomeni degenerativi.

Con questo termine, artrosi, si intende un consumo della cartilagine che ricopre le articolazioni che normalmente le rendono lisce e scorrevoli, e quindi, con la perdita cartilaginea scatenano dei processi infiammatori locali che incidono sulla restante cartilagine residua così come sull’osso circostante e questo, per ovviare al problema, tenta di porre un argine incrementando il deposito di calcio causando appunto le deformità.

Malattie a livello vertebrale

Questo fenomeno accade anche a livello vertebrale con le faccette articolari tra una vertebra e l’altra. Anch’esse vengono colpite dalla malattia artrosica in egual misura. Da qui si comprende l’alta percentuale di lombalgie (in termini più comuni: mal di schiena) su base artrosica, ben diverse da lombalgie di tipo erniario o severe patologie perischeletriche, o traumatiche, che possono colpire qualsiasi età. Mentre la patologia artrosica è più a carico dell’età adulta avanzata. 

Altre patologie come la scoliosi, o il rachitismo, riguardano decisamente l’età infantile. Il periodo di accrescimento maggiore della colonna vertebrale si manifesta tra gli 8 anni e i 18 anni e quindi in questo periodo è possibile avere deformità sul piano tridimensionale della colonna toracolombare che costringono a trattamenti di varia natura.

La cosa che in questo caso va sottolineata è l’importanza della diagnosi precoce in quanto le possibilità terapeutiche immediate possono riparare a deformità non facilmente correggibili se superati determinati gradi angolari.

Quindi, se non sono presenti scoliosi congenite, solitamente evidenziate nei soggetti più piccoli, è corretto un controllo da parte del pediatra di base, ma non solo. Infatti, il controllo può partire anche dai familiari stessi o dagli istruttori, allenatori, preparatori atletici che per vari motivi hanno l’occasione di evidenziare qualche alterazione strutturale della colonna così da indirizzare il soggetto a visita specialistica.

Il piede piatto

In ambito infantile ancora, c’è poi l’annoso problema del piede piatto. La prima specifica è che fino all’età di 6-7 anni il piede è in fase di evoluzione strutturale, pertanto la deformità in piattismo con calcagno che va all’esterno è abbastanza comune ma non viene considerata ancora patologica.

In seconda battuta un piede può avere una forma patologica. Con questo si intende specificare una forma decisamente patologica, ovvero una deformità in piattismo massivo con un retropiede valgo (esterno) importante dopo i 7-8 anni. Questo sarà probabilmente un piede chirurgico, con interventi idonei e specifici per l’età giovanile, 10-11 anni.

Il terzo e l’ultimo rilievo è che la percentuale di piedi nettamente patologici è molto bassa in quanto, in questi ultimi decenni il numero di interventi per piede piatto è notevolmente diminuito. Vengono di fatto accettate forme di piede borderline che comprendono quindi una larga parte di piedi che, pur non essendo perfetti, hanno forme e funzioni accettabili che possono escludere quindi serie problematiche future.

Tumori ossei

In merito ai tumori ossei i campanelli di allarme possono essere molteplici. Sono compresi, seppur con una certa precauzione:

  • forme di dolore osseo persistente e continuo, in fase di peggioramento e senza apparente motivazione
  • possibili alterazioni del profilo fisico
  • tumefazioni anomale, strane e mai viste prima.

In caso di bambini o ragazzi sintomi quali stanchezza, limitazioni funzionali, perdita delle abitudini quotidiane a causa di un disturbo che rende il bambino o ragazzo svogliato e che lo induce a non fare più ciò che faceva prima. Altri sintomi possono essere febbre o dolore notturno o ancora tumefazioni articolari sempre senza apparente motivo. Infine, l’insieme di alcuni di questi fattori variamente associati tra loro.

Le patologie tumorali, soprattutto le maligne, sono infide, spesso nascoste e non visibili se non con esami diagnostici di laboratorio o radiologici. Certamente l’ereditarietà nota per patologie tumorali, le abitudini o le patologie di cui il soggetto è già a conoscenza, e note per evoluzioni neoplastiche maligne, devono essere tenute sotto stretto controllo. Anche in questo caso, come nella maggior parte dei casi, la prevenzione è fondamentale.

Importanza degli esami radiologici

Poi ci sono i casi definiti “lampi a ciel sereno”. Casi in cui occasionalmente viene, ad esempio, effettuata una radiografia del torace per un po’ di tosse e si evidenzia collateralmente un’area osteolitica di una parte scheletrica. Spesso segno di un secondarismo osseo da neoplasia primitiva sconosciuta.

Attualmente la chirurgia e le terapie antitumorali hanno veramente fatto passi da gigante. Il paziente va quindi sostenuto psicologicamente e invogliato a sottoporsi a tutte le indagini di secondo livello possibile. Così da poter affrontare e accettare tutte le terapie disponibili, sapendo che mai nulla è perduto.